Delucidazioni sulla sentenza dell’adunanza plenaria del 9-11-18. Speriamo di non dover più commentare commenti infondati e pregni solo di ignoranza giuridica. — PARERE TECNICO di IN MERITO ALLA ADUNANZA PLENARIA.
Questa è una sentenza del Consiglio di Stato che enuncia un PRINCIPIO DI DIRITTO (cioè un principio che dovrà essere necessariamente applicato nei gradi sottostanti di giudizio).
Questo ENUNCIATO DI DIRITTO preclude di fatto l’accesso al terzo anno del corso di laurea in fisioterapia e stabilisce che si debba seguire, invece, il percorso ordinario ovvero con l’iscrizione al primo anno, peraltro solo dopo aver superato il test di ingresso.
Questo è quanto è stato deciso a Roma, visto il conflitto di orientamenti dei diversi Tar regionali.
In realtà la suddetta Plenaria, non vincola di fatto le altre sezioni del Consiglio di Stato a dichiarare la “non equipollenza” perché nelle MOTIVAZIONI enuncia come PRINCIPIO DI DIRITTO solo il punto 12.
Si deduce pertanto che tutto quello che rientra nel punto dodici della motivazione fa DIRITTO e di conseguenza nessuna sezione del Consiglio di Stato può discostarsi da tale enunciato, qualora volesse farlo dovrebbe richiedere una ulteriore Adunanza Plenaria.
Ne consegue che, “non essendo citata l’equipollenza nel principio di diritto di cui al punto 12, tutte le sezioni dei Tar o del Consiglio di Stato possono riproporre il termine di equipollenza senza necessariamente tenere conto dell’orientamento della sentenza di questa adunanza”.
Per maggiore completezza riportiamo qui di seguito il punto 12.
12. – La conclusione raggiunta, che esclude la sussistenza del presupposto fondamentale per l’accesso al sistema universitario ossia il possesso del titolo di scuola secondaria superiore, eliminando in radice la possibilità di iscrizione alla facoltà de qua, potrebbe sembrare in sé risolutoria. Tuttavia alcune delle parti, come sopra ricordato, hanno evidenziato di aver comunque conseguito aliunde un titolo legittimante l’accesso alla formazione universitaria, per cui il problema posto a questa Adunanza deve essere ulteriormente approfondito, nel senso di stabilire se il citato titolo di massofisioterapista, accompagnato questa volta da un titolo effettivamente idoneo, consenta non solo l’accesso all’Università (possibilità questa derivante dal superamento dell’esame di Stato conclusivo della scuola secondaria superiore e non dal diploma di massofisioterapista) ma anche l’iscrizione ai corsi ad accesso programmato senza il necessario superamento della prova di cui all’art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264.
Come evocato nelle ordinanze di remissione, è rinvenibile nella giurisprudenza un orientamento che identifica la ratio della prova di ammissione di cui all’art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264 nella necessità di accertare la predisposizione del candidato per le discipline oggetto dei corsi alla cui iscrizione ambisce. Il che, trasferito nella vicenda in esame, consentirebbe proprio ai massofisioterapisti di superare lo sbarramento della prova.
Quella citata è però una affermazione molto parziale, sebbene non errata. Ma il senso vero della funzione della citata prova di ammissione deve essere colto facendo riferimento ad un orizzonte più ampio, in cui l’accertare la predisposizione del candidato è unicamente uno dei passaggi da considerare.
Se si svolge una disamina più a largo spettro delle oramai numerose pronunce che si sono occupate dell’argomento (ampiamente evocate nelle memorie delle diverse parti), si può ben rilevare come la ratio della selezione pre – universitaria sia stata lumeggiata sotto diverse visuali, dando evidenza alla circostanza che non vi è una sola ragion d’essere dell’istituto. E ciò perché, come implicitamente si deduce dalle formule giurisprudenziali, le prove di ammissione ai corsi universitari ad accesso programmato, di cui all’art. 4 della l. 2 agosto 1999, n. 264, si collocano nel punto di intersezione di più esigenze e rispondono contemporaneamente a più funzioni. Se ne possono qui indicare, in via riassuntiva ma non esaustiva, almeno tre: a) verificare la sussistenza dei requisiti di cultura per lo studente che aspira ad essere accolto per la prima volta nel sistema universitario; b) garantire l’offerta di livelli di istruzione adeguati alle capacità formative degli atenei; c) consentire la circolazione nell’ambito dell’Unione europea delle qualifiche conseguite.
Il primo ordine di ragioni può essere ricondotto all’analisi che ne ha fatto la già citata Cons. Stato, ad. plen., 28 gennaio 2015, n. 1. La pronuncia sopra evocata appare rilevante per il collegamento che instaura tra la formazione data dalla scuola secondaria superiore (o meglio, dal sistema dei licei) e il suo accertamento tramite la prova di ammissione di cui all’art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264, valevole per corsi universitari, quale quelli qui in esame, per cui vale il sistema di accessi programmati.
La sentenza, addentrandosi nella sistematica delle norme vigenti, nota che:
“- se i contenuti della prova di ammissione di cui all’art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264 devono far riferimento ai “programmi della scuola secondaria superiore”, è evidente che la prova è rivolta a coloro che, in possesso del diploma rilasciato da tale scuola ( v. il già citato art. 6 del D.M. n. 270/2004 ), intendono affrontare gli studi universitari, in un logico continuum temporale con la conclusione degli studi orientati da quei “programmi” e dunque ai soggetti che intendono iscriversi per la prima volta al corso di laurea, sulla base, appunto, del titolo di studio acquisito e delle conoscenze ad esso sottostanti;
– non a caso, in tale direzione, una ulteriore specificazione si ritrova nell’allegato “A” al già citato D.M. 28 giugno 2012 ( “Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale a.a. 2012-2013” ), che, nel definire i programmi relativi ai requisiti delle prove di ammissione ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, prevede che “le conoscenze e le abilità richieste fanno comunque riferimento alla preparazione promossa dalle istituzioni scolastiche che organizzano attività educative e didattiche coerenti con i Programmi Ministeriali”: ne risulta evidente, come correttamente sottolinea l’Ordinanza di rimessione, “il riferimento della norma ad un accertamento da eseguirsi al momento del passaggio dello studente dalla scuola superiore all’università e dunque la dichiarata funzione alla quale la prova risponde: verificare la sussistenza – nello studente che aspira ad essere ammesso al sistema universitario – di requisiti di cultura pre-universitaria”.
Il secondo ordine di ragioni ha trovato una sua validazione nella sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, causa Tarantino e altri c. Italia (ricorsi nn. 25851/09, 29284/09 e 64090/09) del 2 aprile 2013 dove, espressamente al punto 47, si rileva che le limitazioni all’accesso universitario “rispondono al fine legittimo di raggiungere alti livelli di professionalità, assicurando un livello di istruzione minimo e adeguato in atenei gestiti in condizioni adeguate, e che questo è nell’interesse generale.”
In questa ottica, vanno lette le previsioni contenuto nella l. 2 agosto 1999, n. 264 dove, nella determinazione annuale del numero di posti disponibili, si tiene conto “dell’offerta potenziale del sistema universitario” (art. 3, lett. a).
Il terzo ordine di motivi può farsi risalire alla sentenza della Corte costituzionale n. 383 del 27 novembre 1998 dove, illustrando i limiti della riserva di legge posta dagli art. 33 e 34 cost. in tema di ordinamento universitario, viene riconosciuta la legittimità della previsione degli accessi programmati, inserendo tale disposizione in un contesto di scelte normative sostanziali predeterminate, tra le quali ricadono le norme comunitarie dalle quali derivino obblighi per lo Stato incidenti sull’organizzazione degli studi universitari (ed in particolare alle direttive comunitarie relative ai titoli accademici di medico, medico-veterinario, odontoiatra e architetto). Ricordando le direttive allora vigenti e i relativi decreti legislativi di recepimento, la Corte sottolinea come essi prevedano “analitiche discipline relativamente al riconoscimento dei titoli rilasciati dalle università e al diritto di stabilimento dei professionisti e, quanto alla garanzia degli standard di formazione universitaria che condizionano il reciproco riconoscimento dei titoli accademici, richiamano gli obiettivi delle direttive, cioè ‘la formazione prevista dalla normativa comunitaria’ e ‘l’insieme delle esigenze minime di formazione’ richieste dalla stessa normativa.”
Peraltro, i tre indicati ordini di motivi possono essere considerati autonomi solo in senso concettuale e ricostruttivo, atteso che i rinvii alle diverse ragioni sono spesso presenti nelle singole pronunce. Ad esempio, la sentenza della Corte costituzionale n. 383 del 27 novembre 1998, nell’imporre il rispetto dei dettami comunitari, assume come base di giudizio l’allora vigente direttiva 5 aprile 1993, n.16 “Direttiva del Consiglio intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli” che, all’art. 23 prevedeva espressamente che “L’ammissione a detto ciclo di formazione presuppone il possesso di un diploma o certificato che, per gli studi in questione, dia accesso agli istituti universitari di uno Stato membro.” E sono questi richiami incrociati a dare il senso non di una catena ma di un tessuto argomentativo, dove le ragioni non dipendono l’una dall’altra ma reciprocamente si sostengono. Il che rende arduo ritenere che il requisito del previo superamento della prova di ammissione possa essere escluso sulla base di una osservazione angusta, limitata unicamente ai requisiti posseduti dal candidato partecipante, ponendo in disparte la plurifunzionalità dell’istituto selettivo.
Conclusivamente, al quesito posto dalle due ordinanze di rimessione deve rispondersi enunciando il seguente PRINCIPIO DI DIRITTO:
“il diploma di massofisioterapista, rilasciato ai sensi della l. 19 maggio 1971 n. 403, non consente ex se l’iscrizione alla facoltà di Fisioterapia né dà vita, nella fase di ammissione al corso universitario, ad alcuna forma di facilitazione, nemmeno se posseduto unitamente ad altro titolo di scuola secondaria di secondo grado di durata quinquennale.
L’iscrizione alla facoltà di Fisioterapia potrà quindi avvenire solo secondo le regole ordinarie che postulano il possesso di un titolo idoneo all’accesso alla formazione universitaria ed il superamento della prova selettiva di cui all’art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264.”
N.B.
RESTANO OVVIAMENTE ESTRANEE ALLA PRESENTE DECISIONE
ALTRE ED ULTERIORI QUESTIONI ATTINENTI ALLA
COLLOCAZIONE DEI DIPLOMATI MASSOFISIOTERAPISTI